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PURIM - Contro la sopravvivenza

  • Haim Fabrizio Cipriani
  • 7 apr
  • Tempo di lettura: 2 min



L’ebraismo ha sempre affrontato le minacce con una risposta basata sulla celebrazione della vita, e mai sulla paura. In ogni periodo storico, di fronte a tentativi di annientamento, la reazione ebraica non è mai stata quella di cedere al terrore o alla rassegnazione, ma piuttosto di vivere con maggiore intensità e gioia. Come afferma il Talmud: Mishenichnas Adar marbim besimchà, “Quando inizia Adar, si aumenta la gioia” (TB Taanit 29a). Questo principio è legato alla salvezza degli ebrei dall’editto di sterminio di Haman, come descritto nella Meghillà, il libro biblico di Ester, rendendo Adar una stagione ideale per gioire.

Questo principio però non è solo legato alla festa di Purim, rappresenta anzi un valore fondamentale, una forma di resistenza spirituale che pervade l’intera storia ebraica. Purim ci insegna che, di fronte a chi trama la nostra distruzione, sopravvivere non è sufficiente. Sopravvivere infatti letteralmente significa vivere sopra, in superficie. Dobbiamo invece affermare la nostra esistenza con forza, con vitalità, con gioia. La Meghillà non racconta solo della salvezza fisica degli ebrei, ma narra la trasformazione dell’angoscia in festa, del lutto in celebrazione: “Come i giorni in cui i giudei trovarono riposo dai loro nemici, e come il mese che per loro si era trasformato da dolore in gioia e da lutto in festa...” (Est. 9:22). Non si tratta solo di un ricordo del passato, ma di un modello di reazione per ogni epoca. Quando i nostri avversari cercano di infondere terrore, dobbiamo rispondere affermando la vita.

Questa gioia, va detto, non è né ingenua né superficiale. Siamo pienamente consapevoli della fragilità della condizione ebraica nel corso della storia. Abbiamo subito persecuzioni, pogrom, la Shoah, e oggi osserviamo l'odio antiebraico riemergere con violenza in tutto il mondo. Eppure, senza mai permettere che questo ci immobilizzasse, abbiamo sempre cercato di trasformare la celebrazione in un antidoto alla paura. Per questo motivo, Purim è una festa speciale: non è solo un ricordo di un pericolo scampato, ma la riaffermazione di una scelta profonda. Invece di scegliere il silenzio e ritirarci nella nostra vulnerabilità, optiamo invece per ridere, travestircin bere e e festeggiare. Perché? Perché l’ebraismo non si limita a sopravvivere, ma ricerca una modalità di pienezza e di gioia.

In questi tempi drammatici constatiamo ancora più chiaramente l’esistenza di culture che celebrano la morte, che educano all’odio, che si compiacciono della distruzione ed elevano il fanatismo a valore. Noi scegliamo il contrario. Scegliamo di costruire, creare e insegnare. Scegliamo la Torà, la comunità, la gioia. E anche se altri scelgono la morte noi non accetteremo mai di sentirci in colpa per il fatto di scegliere la vita.

È ben noto il motto secondo cui la storia ebraica si riassumerebbe in tre frasi: «Hanno cercato di distruggerci. Siamo sopravvissuti. Mangiamo». Ma dietro a questa apparente leggerezza si cela una verità profonda e preziosa: l’esistenza ebraica è un atto di r-esistenza e la nostra gioia rappresenta la vittoria più grande e il segno più evidente della forza e della perennità ebraica.

נֵצַח יִשְׂרָאֵל לֹא יְשַׁקֵּר,

"L’eternità d’Israele non mentirà." (1 Sam. 15:29)

לַיְּהוּדִים הָיְתָה אוֹרָה וְשִׂמְחָה וְשָׂשׂוֹן וִיקָר

"Per i Giudei vi fu luce, gioia, letizia e onore." (Est. 8 :16)

Purim Sameach,


 
 
 

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