I TUOI FIGLI TORNERANNO
- Haim Fabrizio Cipriani
- 7 apr
- Tempo di lettura: 4 min
Prospettive della tradizione ebraica

Sono ore di grande fermento e inquietudine. Ci si prepara alla tregua e alla liberazione di alcuni ostaggi ebrei rapiti il 7 ottobre. C'è chiaramente molta gioia, ma molti temono che sia un errore cedere a certe condizioni e liberare dei criminali pericolosi, certamente pronti ad agire nuovamente contro Israele e il mondo ebraico. Mi è parso quindi interessante proporre un breve excursus fra le riflessioni della tradizione ebraica al riguardo.
Il tema del rapimento è drammaticamente ricorrente nella Torà e nella tradizione ebraica, riflettendo una realtà storica in cui gli ebrei erano spesso oggetto di abusi di ogni tipo. Un esempio significativo si trova in Numeri 21:1-3, dove il re di Arad prende prigionieri alcuni israeliti. Un midrash interpreta il termine ebraico shevi (שֶׁבִי) al singolare, usato per designare i rapiti, suggerendo che anche il rapimento di una singola persona giustificherebbe l'impegno dell'intera comunità. Questo principio evidenzia l'importanza della libertà come diritto umano fondamentale, applicabile a tutti, indipendentemente dal loro status sociale.
Non tutti sanno che la proibizione del rapimento è implicita all'interno del Decalogo, nell’ingiunzione "Non ruberai" (Esodo 20:13). La tradizione ebraica interpreta questo versetto come riferito specificamente al rapimento (genevat nefesh), non al furto materiale. Questo è confermato dal Talmud (BT Sanhedrin 86a) e da Rashi, che spiegano che il contesto del Decalogo riguarda crimini passibili di pena di morte (poi divenuta obsoleta nella legge rabbinica), come omicidio e adulterio, di conseguenza anche il "non ruberai" deve riferirsi a persone e non a oggetti, per i quali tale pena non era prevista. E siccome la Torà in Esodo 21:16, indica che chi rapisce e vende una persona è passibile di morte, il Decalogo deve fare riferimento a questo.
Nel Talmud ( BT Bava Batra 8a-b), il riscatto dei prigionieri, o Pidyon Shevuyim, è definito una mitzvah rabbah, ovvero una delle priorità comunitarie più grandi. Tuttavia, la Mishnah in Gittin (4:6) stabilisce dei limiti: i prigionieri non devono essere riscattati "per più del loro valore", una regola introdotta per il tikkun olam (miglioramento del mondo). La ragione di questa regola è ambigua e dibattuta: potrebbe riferirsi al rischio di pressioni finanziarie eccessive sulla comunità o al pericolo che pagare riscatti elevati incoraggi ulteriori rapimenti.
Nonostante ciò, nella pratica la Mishnah è stata spesso reinterpretata. Il Talmud e i responsa rabbinici raccontano di eccezioni: familiari che riscattavano a costi elevatissimi (aggirando quindi la problematica del peso finanziario sulla comunità), casi di prigionieri in pericolo immediato di vita, o individui di particolare importanza, come un saggio o una figura pubblica. Ad esempio, Rabbi Yehoshua ben Hanania riscattò Rabbi Ishmael, detenuto a Roma, a un prezzo altissimo, giustificando che il suo ruolo nella comunità era insostituibile. In situazioni di pericolo estremo, come durante la Shoah, la priorità era chiaramente salvare vite a qualsiasi costo, poiché ulteriori e peggiori persecuzioni non erano neppure pensabili. Ma esiste anche il noto caso di Rabbi Meir di Rothenburg (XIII sec.) che avrebbe rifiutato il proprio riscatto e preferì morire in prigione - dopo sette anni - piuttosto che creare un pericoloso precedente che poteva mettere a rischio altri se avesse permesso di pagare un'enorme somma per riscattarlo. Un aspetto interessante di questo episodio è peraltro che eventualmente solo la vittima potrebbe acconsentire a un tale sacrificio, ma difficilmente esso potrebbe essere deciso da fonti esterne.
Passando ai tempi moderni, la questione del riscatto di ostaggi in Israele, come nel caso di Gilad Shalit, riflette tensioni tra solidarietà verso gli ostaggi e sicurezza collettiva. Lo scambio di Shalit con più di 1.000 prigionieri, tra cui terroristi condannati e tra cui uno degli ideatori del 7 ottobre, sia cancellato il suo nome, sollevò dubbi sulla possibilità che simili azioni incentivino nuovi rapimenti.
In epoche recenti, i maestri sono spesso stati in disaccordo al riguardo. Fra le opinioni più note, Rabbi Shlomo Goren sosteneva che la Mishnah proibisce riscatti eccessivi per proteggere la sicurezza della comunità. Al contrario, Rabbi Hayyim David Halevi e Rabbi Ovadia Yosef ritenevano che il contesto moderno richieda nuove interpretazioni: nel caso di pericolo immediato, salvare vite umane deve avere la precedenza. Rav Ovadia, in particolare, sosteneva che il rischio futuro non può prevalere sulla necessità di salvare vite nell’immediato, come dimostrato dal raid di Entebbe in Uganda nel 1976. Rabbi Halevi sottolineava che il terrorismo moderno, mosso da visioni di imperialismo religioso e odio antiebraico, continuerebbe indipendentemente dai riscatti, rendendo la regola della Mishnah meno applicabile.
La varietà di opinioni rabbiniche sul riscatto degli ostaggi riflette un'inquietudine morale profonda. Da un lato, c'è l'urgenza di salvare ogni vita, considerata sacra e insostituibile nella tradizione ebraica. Dall'altro, vi è il timore che un'azione impulsiva possa mettere in pericolo altre vite in futuro, incoraggiando ulteriori rapimenti o alimentando il terrorismo. Questa tensione etica è ben visibile sia nella Mishnah, che impone limiti al riscatto per il tikkun olam, sia nei dibattiti moderni su scambi e operazioni di salvataggio. Questa tensione etica evidenzia il difficile equilibrio tra solidarietà immediata e responsabilità verso la sicurezza collettiva.
Eppure, al di là delle legittime discussioni, rimane una verità essenziale: coloro che attendiamo non sono nomi né numeri, ma sono nostri famigliari, i nostri genitori, figli e figlie, fratelli e sorelle. È questo legame profondo che ci sprona a non risparmiare alcuno sforzo per riportarli a casa, come faremmo per chi amiamo di più.
“C'è una speranza per il tuo avvenire, parola di YHWH, e i tuoi figli torneranno alle loro frontiere” (Geremia 31:16).
כן יהי רצון , Così possa essere
Rav Haim
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