DAL SALTO AL TRADIMENTO
- Haim Fabrizio Cipriani
- 5 giorni fa
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PÈSACH

La scena finale di “Indiana Jones e l’ultima crociata” è nota e bellissima. Indiana Jones deve attraversare uno strapiombo per giungere al luogo dove si trova il Graal, che fra l’altro gli permetterà di salvare la vita al padre moribondo. La leggenda indica che quello è il sentiero di Dio, e “Solo saltando con un balzo egli dimostrerà il suo valore.” Davanti al vuoto, il nostro Indy si porta una mano sul cuore e muove un passo in avanti. Solo allora appare dal nulla una passerella invisibile che lo sostiene e gli permetterà di raggiungere il Graal.
Pèsach, la Pasqua ebraica, significa fra l’altro “salto”, perché richiede agli israeliti un salto dalla sicurezza della pur difficile condizione ebraica in Egitto verso l’ignoto del deserto e di ciò che li attende. Pèsach si conclude domani in un giorno particolare che celebra il salto più grande fra i tanti che la costellano: il passaggio del Mar di Giunco. Il popolo, stretto fra l’armata egiziana che sta per raggiungerlo e il mare che non gli permette di avanzare, rimane quindi paralizzato, come accade a tutti noi in certi momenti della vita. Sappiamo che nel racconto biblico a quel punto il mare si apre per farlo passare. Ma un’antica narrazione rabbinica dice che il mare si aprì solo quando un uomo, il cui nome era Nachshon ben Aminadav, entrò nel mare fino a quando l’acqua gli arrivò al capo. Solo allora le acque si abbassarono, e gli israeliti ebbero il coraggio di avanzare mettendosi in salvo.
Il salto di Nachshon è, come quello di Indiana Jones, un salto di fiducia. Forse però Nachson e Indy sanno che la fiducia apre sempre la possibilità del tradimento, come sottolinea lo psicoanalista James Hillman nel suo saggio “Puer Aeternum”.
Nella narrazione biblica il tradimento da parte della Trascendenza divina avverrà poco dopo, a partire dall’aggressione che gli israeliti subiscono da parte del popolo di Amaleq immediatamente dopo il passaggio del mare, proprio nel momento in cui si sentivano più sicuri e protetti, e continuerà nel deserto con la sua vita di stenti. Purtroppo il tradimento, come Hillman sottolinea mirabilmente, può diventare fonte di crescita dell’individuo e della relazione, oppure generare ulteriori tradimenti, dell’Altro e del sé. Il seguito dell’Esodo racconterà proprio questo cammino, in cui il tradimento più grande del sé, probabilmente messo in atto come risposta a quelli succitati, sarà quello in cui nel momento stesso in cui la Trascendenza divina sta offrendo a Israele le Tavole della Legge, gli israeliti costruiscono un idolo, il vitello d’oro.
Hillman sostiene mirabilmente che la possibilità del tradimento si crea solo quando la relazione è intima e basata su una profonda fiducia, e illustra questa idea con una storia (che presenta come ebraica). Un padre insegna al figlio a saltare giù da una scala promettendogli di afferrarlo ogni volta che salterà. Ma quando il figlio salta da un gradino molto alto, il padre si tira indietro e il bimbo cade. Questo atto di tradimento insegna al figlio che quando ci fidiamo davvero la possibilità del tradimento diventa reale.
Ma allora cosa guida i nostri due saltatori, Nachson e Indy, e con loro tutte e tutti noi?
Intanto il coraggio, che rappresenta la più nobile e importante delle virtù, giacché racchiude tutte le altre. E in questi casi il coraggio non è motivato da cieca fede in una imperscrutabile divinità o in esseri umani imperfetti e spesso inaffidabili, ma dalla fiducia in un progetto.
Perché qualsiasi progetto davvero nobile ha un valore immensamente più grande delle entità che ne fanno parte, e solo questa coscienza può portarci ad avere il coraggio di rischiare il tradimento esercitando la nostra fiducia, posando il nostro piede là dove non sappiamo se sarà sostenuto, o entrando nelle acque che rischiano di travolgerci.
In quell’atto di coraggio nasce la relazione, l’intimità, l’amore, la vita.
Non esiste miracolo più grande.
Hag Pèsach Sameach,
Rav Haim
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